L’amore al tempo del Coronavirus

Da settimane siamo tempestati quotidianamente da notizie, messaggi, dichiarazioni, informazioni a dir poco allarmanti, sulla sempre più estesa diffusione nel mondo del Coronavirus, sul numero di persone colpite, sulle difficoltà di contenerne gli effetti devastanti.

Da settimane siamo tempestati quotidianamente da notizie, messaggi, dichiarazioni, informazioni a dir poco allarmanti, sulla sempre più estesa diffusione nel mondo del Coronavirus, sul numero di persone colpite, sulle difficoltà di contenerne gli effetti devastanti.

Cosa ne è del nostro anelito alla vita? Resta la speranza di uscirne illesi?

E che ne è del desiderio di amare ed essere amati?

Sicuramente è più forte della malattia e della morte. Ce lo dice il Cantico dei Cantici, ce lo testimoniano per esempio tutte le persone nate tra il 1940 e il 1945: nonostante la guerra, la povertà, la fame, c’è spazio per innamorarsi, desiderare l’unione, pensare ad una vita insieme, sposarsi, concepire figli.

Questo che stiamo vivendo è un tempo inatteso. Ognuno lo vive in modo diverso, in base al proprio tipico modo di reagire ai contrattempi, alle contrarietà, alle difficoltà quotidiane.

Come persona attenta al benessere delle persone desidero fare qui alcune riflessioni che mi auguro possano servire a recuperare potere, ovvero una posizione attiva rispetto alle circostanze, anziché subirle.

Parto da una considerazione generale:

l’uomo è per natura essenzialmente “pigro”, “scansafatiche”.
Si comporta in sostanza come la Cicala della famosa favola di Esopo: quando le cose vanno bene se la gode senza preoccuparsi troppo del futuro.

Sembrerà una affermazione eccessiva, troppo generica, forse inquinata di moralismo. Proverò allora a spiegarmi in termini più “scientifici”.

L’Uomo tende per natura a cercare le condizioni migliori per garantire la propria sopravvivenza e il proprio benessere. Una volta trovate, ovvero trovato un equilibrio interiore che consiste nella tranquillità e sicurezza di poter soddisfare le proprie esigenze, diventa “stanziale”, smette di cercare, cerca di consolidare e rendere stabili le condizioni del proprio benessere ed erge muri perché nulla possa turbare l’equilibrio ed essere di disturbo e nessuno possa appropriarsi delle risorse faticosamente trovate.

Purtroppo la storia insegna che alla lunga questa tendenza a restare nella propria “zona di comfort” senza badare a ciò che accade fuori o che può accadere domani non è funzionale al proprio benessere. Imperi tramontati, tiranni giustiziati, città sepolte dalla lava, villaggi spazzati da inondazioni… Gli esempi sono numerosi!

Ogni persona può farne esperienza diretta. Da un momento all’altro può perdere quello che ha cercato di proteggere e tenere stretto, per i motivi più diversi: una violenta crisi finanziaria, il fallimento della Ditta in cui per anni ha lavorato, un terremoto, l’improvvisa morte di una persona cara ecc.

Sicuramente tanti eventi che ci mettono in difficoltà sono inaspettati, ma se cambiassimo atteggiamento potremmo soffrire di meno quando ne siamo coinvolti. Tanti altri invece sono assolutamente parte della vita, ma non prendiamo in seria considerazione i segnali con cui si annunciano, finché non si impongono alla nostra attenzione.

Viviamo in fondo come se non dovessimo mai morire, o non sapessimo che il percorso della vita prevede ostacoli, imprevisti e contrattempi che possono talvolta metterci in seria difficoltà. Così quando arriva la malattia e la morte restiamo spiazzati, ci lamentiamo, ripetendoci chi poteva aspettarselo?! o ci disperiamo, prendendocela con il Destino avverso, o con Dio, o con noi stessi che abbiamo sottovalutato alcuni segnali evidenti… In fondo, riprendendo la morale della favola di Esopo, dovremmo sapere che l’estate, seppur lunga, aprirà prima o poi le porte all’autunno: forse val la pena prepararsi prima che arrivi l’inverno!…

Insomma possiamo dire che purtroppo l’Uomo ha ancora bisogno di soffrire per crescere!

Che cosa possiamo imparare dall’emergenza Coronavirus?

Tornando all’argomento di questo articolo, mi sono chiesto che cosa ci ha portato alla situazione surreale che stiamo vivendo. Forse abbiamo sottovalutato la portata del problema, forse la Cina ci pareva sufficientemente lontana da pensare di poter essere al sicuro, forse pensavamo che il problema riguardasse solo gli anziani, forse pensavamo che fosse come una banale influenza, forse non potevamo immaginare che nel 2020 potesse essere possibile che Paesi avanzati a livello economico, tecnologico, sanitario vivessero scenari ormai archiviati nei ricordi dei nostri nonni o nelle pagine de I Promessi Sposi

In ogni caso ora ci troviamo a farci i conti. Non sappiamo come ne usciremo, ma ritengo che qualcosa possiamo o siamo costretti ad imparare dall’epidemia da Coronavirus e dalle misure sempre più stringenti settimana dopo settimana per contrastarne la diffusione. Eccone un elenco.

  • Essere flessibili e pazienti. Accettare per esempio di non sapere alle 22.00 della domenica se i nostri figli andranno a scuola il giorno dopo, o per quanto tempo dovremo sopportare di non uscire di casa. Accettare che ci sono cose che non possiamo cambiare, che certe cose proprio non si possono fare, almeno per qualche settimana…
  • Capire che è possibile cambiare abitudini. La routine quotidiana viene messa in discussione dalle misure di contenimento del contagio, ma si può sopravvivere, anzi può essere un’occasione per valutare se val la pena ripristinarle al termine dell’emergenza o eliminarle.
  • Rendersi conto che nell’Universo tutto è collegato. Si sciolgono i ghiacciai al Polo Nord e si allaga Venezia, scoppia una Centrale Nucleare e le radiazioni si propagano per migliaia di chilometri, cade un Asteroide e oscura il Sole provocando l’estinzione dei Dinosauri… Un famoso aforisma a questo proposito recita: “cade una foglia a Pechino e può accadere un terremoto a Los Angeles”. Suona quasi come una profezia…
  • Capire dunque che è da ingenui, inutile e controproducente, oltre che immorale, impegnarsi a coltivare solo il proprio “orticello”. Nel nostro Villaggio Globale tutto si muove facilmente e velocemente, compresi pollini, insetti e virus…, in barba a muri e dogane. Così nel nostro orticello possiamo trovare la gramigna che arriva dal vicino, arriva la stessa pioggia acida che bagna anche il suo orto, e arriva anche l’ombra della sua quercia o del palazzo che ci ha costruito. D’altra parte non è la prima volta che le malattie viaggiano da un Continente all’altro. Noi stessi Europei nel ‘500 abbiamo quasi sterminato i popoli Indigeni dell’America, da poco scoperta, non solo con le armi ma con le nostre malattie a loro sconosciute. Inoltre i muri che ergiamo per difenderci dagli altri possono ritorcersi contro, impedendo anche l’arrivo di aiuti nel momento in cui potremmo averne bisogno!…
  • Sentire le proprie risorse. Quando scatta un’emergenza l’Uomo è capace di attivare tutte le proprie capacità di risoluzione dei problemi e di resilienza (ovvero la capacità di sopportare un urto senza rompersi), normalmente sopite quando tutto va bene.
  • Sentire la potenza della collaborazione. Analogamente alle risorse personali esistono le risorse del gruppo, della Comunità. L’Uomo è un animale sociale, e può tornare a sentire che di fronte ad un grande problema da soli è complicato uscirne, mentre chiedere o prestare aiuto e mettere a disposizione le proprie conoscenze e competenze è la soluzione vincente. Siamo tutti sulla stessa barca, e possiamo salvarci solo se ci salviamo insieme.
  • Essere consapevoli che l’amore e l’affetto vanno oltre lo spazio e il tempo. Possiamo sentire la vicinanza di una persona anche se si trova a migliaia di chilometri di distanza e non possiamo frequentarla per tanto tempo. Viceversa possiamo sentire l’indifferenza e la lontananza di persone che frequentiamo di persona ogni giorno… In questo periodo di isolamento forzato possiamo sentire comunque l’affetto di persone che non possiamo incontrare di persona, magari sfruttando i preziosi strumenti tecnologici che ci permettono di comunicare a distanza. D’altra parte possiamo anche provare a recuperare rapporti quotidiani sfilacciati…
  • Gestire la paura, emozione preziosa, protettiva, che ci permette di cogliere chiari segnali di possibili pericoli, ma quando diventa generalizzata o non è collegata ad un pericolo reale diventa limitante. Possiamo approfittare di questo periodo per riflettere sulle nostre ansie e preoccupazioni e sulla nostra ancestrale paura di soffrire e di morire. Forse è possibile riuscire a vivere più serenamente…
  • Sentire la bellezza delle cose normalmente date per scontate. Una stretta di mano, una carezza, un abbraccio, avvicinarsi agli altri senza timore di essere visti come “untori” o di essere contagiati, uscire liberamente con la propria auto, frequentare locali pubblici, luoghi di culto ecc. Quante cose riusciamo ad apprezzare quando ne siamo privati!
  • Sentire il valore delle regole. Talvolta possono sembrare indicazioni arbitrarie, se non ingiuste o assurde, ma forse sono una protezione funzionale al nostro benessere, personale e sociale, dunque possono essere ben accolte e rispettate.
  • Capire che è possibile raggiungere grandi risultati, con impegno e sacrificio. Medici, infermieri e ricercatori sono sicuramente in prima linea e a loro va il dovuto riconoscimento, ma ognuno è chiamato a fare la sua parte, con responsabilità, a sentirsi attore protagonista nel percorso che ci porterà a risolvere il problema. Possiamo sentirci uniti nella difficoltà, uniti e forti nella capacità di uscirne. Inoltre le prescrizioni per contenere il Coronavirus hanno contenuto anche l’inquinamento! Allora forse possiamo riuscire a risolvere anche questo problema e scongiurare gli scenari catastrofici di cui iniziamo ad avere le prime avvisaglie. Sarebbe opportuno occuparsene ora che non è ancora un’emergenza conclamata, anziché rischiare di andare fuori tempo massimo e ritrovarci di conseguenza a vivere nuove ondate di panico trascinati dagli allarmi dei Media!…
  • Trovare nuovi modi, originali e creativi, di utilizzare il proprio tempo. Possiamo approfittare dell’ingiunzione a restare a casa per fare cose che normalmente non facciamo: non solo per “occupare” il nostro tempo, ma per renderlo “speciale”. Tra qualche mese magari resterà solo il ricordo del “tempo del Coronavirus”: sarebbe un peccato pensarlo come “tempo sprecato”.
  • Recuperare dunque il sentimento di libertà al di là di ogni restrizione. Anziché continuare a guardare il problema e il recinto e lamentarci di non poter godere di tutto ciò che c’è “là fuori” potremmo concentrare l’attenzione su tutto ciò che c’è dentro e che possiamo fare per starci bene, ritrovare un nuovo equilibrio, ristabilire la nostra comfort zone….

Inaspettatamente potremmo scoprire un Mondo!

Un modo di utilizzare questo tempo per certi versi surreale può essere anche scrivere qui sotto cosa ne pensi!

Stai magari imparando qualcos’altro che è sfuggito alla mia analisi?

Luciano Cirino

Luciano Cirino

Sono psicologo e psicoterapeuta, musicista per passione, ho approfondito il profondo legame tra Arte e Psicologia. Ogni giorno mi esercito nell’Arte di vivere sereni, svolgendo attività utili e piacevoli e coltivando passioni e buone relazioni.

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